lunedì 15 marzo 2010

Matrimoni immaginati

“Va bene ci vediamo dopo. Ho capito, vai al cinema con Tarek. Se è lì con te puoi passarmelo un momento?” Sento Gianfranco dall’altra parte del telefono che parla con Tarek mentre gli passa il portatile. “Ciao cara, come stai?” “Bene – gli rispondo rapida – ma dimmi hai poi saputo se tuo padre si è sposato”. “No, non ho ancora nessuna conferma. Ma non voglio chiederglielo per telefono. Vorrei aspettare di vederlo e parlargli. E soprattutto voglio dare tempo al tempo. E poi sai, sono praticamente sicuro che si sia sposato”. Sono quasi tre mesi che andiamo avanti così. Io continuo a chiedergli di questo matrimonio immaginato e lui continua a dirmi che ancora non ha avuto la conferma.

Ne abbiamo cominciato a parlare la notte di Capodanno a casa di Marco. Era tanto che non ci vedevamo. Seduti vicini alla cena del 31 dicembre ci siamo raccontati le ultime cose importanti. Come la lunga malattia e la fine di sua madre. La notizia che era finita la abbiamo avuta a Parigi. Camminavamo lungo il fiume Gianfranco, la piccola ed io, quando è squillato il cellulare. “Devo andare a Tunisi da Tarek”, la prima reazione di Gianfranco è stata di prendere subito un aereo per essere lì. Poi le cose sono andate in un altro modo.

“Tarek, non me li posso dimenticare. Quando siamo stati loro ospiti in una gelida Tunisi invernale, i tuoi genitori sono stati splendidi. Lei era simpatica e allegra, con una voglia e una capacità di comunicare che annullava il problema della lingua”. Mi guarda: “Sì, è vero era vitalissima ed era un centro di gravità per tanti. Sai quante persone mi sono venute a salutare, raccontandomi cose che lei aveva fatto per gli altri che io non avevo mai saputo. Era nipote di un generale”.

Mi sembra stiamo toccando un punto troppo profondo e cambio discorso: “Di tuo padre mi ricordo, invece, tanti piccoli gesti. Alla fine di ogni cena, senza dire una parola, mi sbucciava un’arancia e me la passava con un sorriso. Mi offriva dei datteri. Insomma, tuo padre non parlava, ma dimostrava con piccoli fatti la sua ospitalità. E ora come sta?” Tarek è netto: “Penso che si sia sposato. Non ho nessuna conferma, ma ne sono sicuro.” Un attimo di silenzio poi Giulia dall’altro lato della tavola chiede: “Come sposato?” “Beh, sai mia sorella ed io siamo lontani. Lui ha provato a organizzare una nuova vita con sua sorella, ma il tentativo non ha avuto successo. E così secondo me gli hanno trovato moglie”. “Ma sei sicuro?”, gli dico. “Beh, sicuro al cento per cento no. Ma una donna c’è. Ed è molto religiosa. Mi hanno chiamato da Nabeul, non sarebbe andata fuori da sola con lui. Non so, ci sono tanti elementi che mi fanno pensare che siano sposati”.

Tarek mi guarda in silenzio. Abbiamo sempre avuto una forte comunicazione affidata agli occhi. Poi ricomincia: “La cosa più strana è stata la reazione delle donne di famiglia. Tutte contrarie. Anche chi ha avuto contrasti per vent’anni con mia madre. Una reazione e una difesa di lei, dei suoi spazi e dei suoi luoghi”. “E tu che cosa hai fatto?” Tarek mi risponde tranquillo: “Ho messo a disposizione la mia stanza. Ho sempre avuto uno spazio mio nella casa dei miei genitori, che non abito visto che sono lontano. Ho detto che poteva utilizzarlo lei, in modo per preservare gli spazi di mia madre”. Lo guardo anche io: “E quel fratello di tua madre che era venuto per il Ramadan a Tunisi da Parigi?” Mi fissa:”È morto anche lui lo scorso anno poco prima di lei. È stato un anno duro per i nipoti del generale”.

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