giovedì 11 dicembre 2008

Vienna, metà ottobre. A pranzo da Tante Inge.

È ancora molto bella. Gli anni hanno ancora chiarito i suoi occhi. Ha un twin set azzurro polvere che rende più intenso il celeste del suo sguardo. Un piccolo bracciale d’oro al polso rende evidente che si è vestita con maggiora cura per noi. Tante Inge è stata sposata per una vita con uno dei più cari cugini viennesi di mio padre. Ha certamente più di 80 anni. Lo chiederò ai miei genitori quando saremo usciti. Non si parla di età con una signora. Così bella ancora, per giunta.

Metà ottobre e a Vienna fa freddo. Veniamo da Roma dove sono ancora 25 gradi. Mia madre ha abiti più sud tirolesi di lei. Cappello con piuma regolamentare. Mio padre è l’unico che parla con ognuno nella lingua madre. La piccola saltella e si capisce che non resisterà a lungo nel chiuso dell’appartamento. La tavola è apparecchiata per 9. Siamo noi 5: mia madre, mio padre, Gianfranco, la piccola ed io. Poi la nostra padrona di casa, Tante Inge appunto. Infine tutti quelli che lei è riuscita a raccogliere per questo pranzo di un’antica famiglia europea. Andreas e Christiane, ossia uno dei figli di Inge, cugino per me di grado terzo – forse più largo ma solo mio padre può dirlo con certezza – e sua moglie. E poi c’è l’ultimo figlio di Christof, ossia il più giovane dei nipoti di Inge. Stessa generazione della piccola. Avrà una ventina d’anni e mi parla in spagnolo. Si capisce che il castigliano è per lui la chiave per entrare nei mondi latini. Oltre noi in casa la gentile fantesca filippina di un’amica di Inge venuta a dare una mano per l’evento.

Il figlio di Christof mi versa del vermouth. Parliamo in inglese perché facciamo prima, ma Christiane interviene in italiano e anche tante Inge ci prova, ha appena cominciato un nuovo corso all’università della terza età. Mio padre parla in tedesco con Andreas. Il mix è tremendo. Papà è perfettamente a suo agio. Gianfranco fa un po’ fatica a star dietro a tutte queste parole in italiano, tedesco, spagnolo e inglese.

Ci mettiamo a tavola. Tante Inge ha preparato una zuppa tirolese. Buona e particolare. Poi per la gioia della piccola, wienerschnitzler, ossia cotolette alla milanese, che qui sono alla viennese. Contorni. Andreas non riesce proprio a sedersi. Versa il vino, prende una foto, va a cercare un vecchio ritratto che mia madre da tanto voleva rivedere. Anche la piccola dopo un po’ non riesce più a stare seduta. Mio padre tiene banco in tedesco, raccontando di quando non tanti anni fa ha messo piede per la prima volta nella casa d’origine in Ungheria. Una buona famiglia austro-ungarica ha sempre una casa antica che non è stata vista per più di 50 anni. In Ungheria. Christiane mi è vicino e già questo è un regalo. Sorride guardando la piccola: ”Anche Jakob non riusciva mai a stare fermo. Ora è così bravo che quasi non riesco a crederci”. “E’ a Londra e ormai è uno storico” le chiedo. E lei: “Sì, ma era proprio come la piccola. Impossibile tenerlo fermo”.

Gianfranco parla in italiano. È qui perché un suo film è alla viennale. Andreas e Christiane sono venuti alla prima. Tante Inge no, troppo pesante per lei. Ma ha seguito tutto il dibattito su questo lavoro sulla nascita delle BR a Reggio Emilia. Chiede in un mix di italiano, tedesco e inglese: “E queste persone sono state in carcere?” “Sì – dice Gianfranco – uno degli intervistati si è fatto vent’anni”. Tante Inge è serafica: “Ricordo di aver conosciuto anche io un terrorista tanti anni fa. Un terrorista del Tirolo. Si sarà fatto 30 anni di carcere”.

Una famiglia europea da sempre. Una casa semplice, confortevolmente borghese. Il caos di mischiare le lingue. Una bambina che non ce la fa più a stare a tavola e come i cani deve uscire per correre all’aria aperta. Mio padre ormai parla solo tedesco. Tante Inge prova a non muoversi dall’italiano. Ha un nuovo professore molto gentile. “Beh, devi chiedergli di metterti in condizione di venire in Italia a primavera” le dico. E Inge: “L’ultima volta che sono venuta in Italia c’era ancora Friedel”. Mio padre mi chiarirà che Friedel – il marito compagno di una vita di Inge – è morto a gennaio dello scorso anno. Faceva un freddo cane. Mio padre è venuto a Vienna per l’ultimo saluto. Un’occasione triste. Ben diversa dalla gioia di stare insieme. E anche di poter presentare a tutti la piccola, la pestifera nipotina bionda, alta e molto familiare. Per tutti.

Sto leggendo “Sulle mie tracce” di Gregor von Rezzori. E’ come vedere scorrere pezzi di storie che sarebbero potuti essere della mia famiglia. Lui che nasce in un calesse mentre la madre fa ritorno alla casa avita. La Vienna degli anni ’20 e ’30. Bucarest e le province dell’impero. Ricchezza che si trasforma in un pugno di anni in miseria. Guerre e fame, amori e sogni. Le porcellane della nonna vendute al monte dei pegni. La forza di ricominciare quando tutto sembra perduto.

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