venerdì 19 dicembre 2008

13 dicembre. Santa Lucia a Palermo.

“Dicci che si pigliasse ‘sti pìccioli”. Ruggero parla a Sara, ma sono io che mi devo pigliare ‘sti pìccioli. Ossia cinque euro in monete che ho posato sul tavolo davanti a Sara perché lei li restituisca a Ruggero. A cena a Palermo sto mangiando una caponata. Come un fulmine entra nel ristorante Gianfranco. Ha il taxi fuori e gli servono cinque euro spiccioli. Il taxista, come tutti i taxisti del mondo, non ha da cambiare. E Ruggero al volo gli passa i soldi. Scopro dopo aver armeggiato nella borsa di averli anche io e provo a restituirglieli. Ma sono a Palermo, inutile insistere. Come dice Gianfranco in Sicilia l’ospitalità è quasi imbarazzante.

Mi piace la caponata. Quel sapore agrodolce di oriente ed occidente insieme. E anche la pasta al forno alla moda di Palermo. “Preferisce la lasagna o quella con gli anelletti?” Vedo che gli autoctoni si muovono sugli anelletti e li scelgo anche io. Domina di fondo il sapore di cannella e di chiodi di garofano. Un’ospitalità imbarazzante. E camurrie. Esiste una movida palermitana che mai avrei immaginato.

Ma vado in ordine. Arrivo con la piccola e Gianfranco che ha da fare a Palermo. Chiamo la mia amica Sara, che vedo più o meno una volta l’anno per un aperitivo a Roma. In un’altra era, forse 25 anni fa, penso mi sia capitato di vederla molto più spesso. Era amica e collega di Norma. Devo averla conosciuta a Parigi. In questi 25 anni sono successe un sacco di cose. Ha conosciuto Ruggero – quello dei pìccioli – ed ha avuto due magnifiche figlie. Due ragazze ormai, ben più grandi della piccola. Insomma sono a Palermo, la chiamo ed entro nel circuito della sua vita. Sara lavora. E’ venerdì e mi invita a pranzo, ma non al bar sotto l’ufficio come potrei fare io. A casa. E non in cucina in piedi. Ma a tavola, che quando arrivo è già apparecchiata con tovaglia, 2 bicchieri per commensale, forchette, coltelli, posate da frutta e dolce. La piccola ed io restiamo a pranzo. Passeremo con Sara e la sua famiglia due giorni. La sera ceniamo da lei e pranziamo anche il giorno dopo. Poi andiamo a Mondello, con sua sorella Tiziana e il nipote più o meno dell’età della piccola. E anche a cena insieme, questa volta fuori in un posto magnifico. Provo a dire che vorremmo offrire noi. Mi chiariscono che è ridicolo anche solo pensarci. Civiltà e ospitalità del sud. Anche se sono meno spinti e più contenuti, “più studiati e viaggiati”, ma sempre siciliani sono.

Palermo, 13 dicembre Santa Lucia. Non si mangia pane, niente con farina di grano. Ma le arancine di riso – che in Sicilia sono femminili - sono buonissime. E poi c’è la cuccìa, un dolce con ricotta e grano che si fa per Santa Lucia. Il grano è lo stesso che si usa per la pastiera a Napoli.

Santa Lucia di sabato e chiamo Norma che Sara vuole salutare. “Insomma tu capisci, qui mangiano a casa anche durante la settimana, con i figli. La tavola è apparecchiata di tutto punto. Poi si riposano un po’ e tornano al lavoro”. Norma dall’altra parte: “Civiltà del sud. Invece io sono qui a Bruxelles. Sabato ed anche oggi lavoro. Ho preso dal frigo dell’ufficio una busta di bresaola, l’ho aperta, ci ho versato qualche goccia di limone ed ho continuato a lavorare mangiando”.

A Mondello Gianfranco ed io passeggiamo sulla spiaggia. Il mare è trasparente. Le palme di Sicilia mi commuovono. Sono state decimate da questa epidemia venuta dall’Africa, il punteruolo rosso. Nel pomeriggio a casa di Tiziana con Sara, mentre i bambini giocano, beviamo te o camomilla e parliamo tra noi. Siamo sulla stessa lunghezza d’onda ed è veramente piacevole stare insieme.

Su libri e Sicilia ho solo l’imbarazzo della scelta. Camilleri non può mancare, perché come fai a non essere un po’ innamorata di Montalbano. Devo dire che anche il suo vice Mimì non mi dispiace per niente. Una vera scoperta è stato Pietrangelo Buttafuoco e “Le uova del drago”. Una storia folle e fascia, ma da leggere. E poi sono veramente persa di Gesualdo Bufalino e della sua “Diceria dell’untore”.

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