martedì 6 maggio 2008

Fatto in Cina? No a Napoli

“Simone sempre senza scarpe… Vuole giocare con sorella.” Ed io “Fa bene. Ai bambini fa veramente bene camminare scalzi.” Simone è un piccolo ercolino cinese di tre anni o poco più. Scorrazza pacifico a piedi nudi nel negozio di scarpe dove sua madre sta alla cassa, serve, organizza la merce. Siamo entrati tutti e tre: Gianfranco, la piccola ed io, perché Simone è riuscito a convincerci. Il suo obiettivo è giocare con la piccola. E la madre “Simone vuole giocare con sorella e palla”.

E’ una donna simpatica la madre. Avrà trent’anni. Parla poche parole di italiano, ride spesso ed è un mago nel farsi capire. Riesce a comunicare in maniera fantastica con un nulla. Continua a chiamare la piccola “sorella” parlando con Simone. Lo dice bene, in maniera giusta. Come lo dicono le donne in Africa. O come al Sud i bambini dicono zia. “Sorella” è un modo normale per definire una bambina di sei anni per un piccolino di tre.

“Quasi quasi prendo questi sandali”. Gianfranco ha trovato qualcosa che può interessargli. “Quanto costano?” “O poco. Solo 14 euro.” “Ma dove sono fatti? In Cina?” “Cina? No, fatti a Napoli.” La risposta della donna è accompagnata da un’espressione del tipo: “Ma come ti può venire in testa fatti in Cina”. Napoli, poi, è detto come se fosse casa. Mi era già capitato ad un banco di indiani. Il copripiumino era bellissimo. L’aria d’oriente era forte. Fasce di stoffa rosso scuro si alternavano con quelle d’oro cupo. Anche in questo caso avevo chiesto: “Fatto in India?” E la risposta era stata “Ma no, fatto a Napoli”. Perché diciamocelo Napoli è una delle grandi città di Cindia, il mitico Paese che ha in sé la forza della Cina e dell’India.

La donna ha un’aria veramente simpatica. Guarda la piccola e mi chiede: “Quanti anni? Quanto alta?” Ed io “Ha sei anni, non ho idea di quanto sia alta”. Dev’esserci qualcosa che vuole scoprire perché mi chiede: “Quanto porta di scarpe?” “Questo lo so, porta 34”. E lei “Allora più alta di mia figlia. Anche lei sei anni. Non vedo da quattro”. E così ha lasciato a casa con sua sorella una figlia. Aveva solo due anni quando è andata via e non la vede da quattro anni. Non sa quando potrà riabbracciarla. E’ una donna allegra e forte. Racconta tutto questo mettendo a posto una scarpa, fermando Simone che si sta arrampicando su di una pila di scatole e servendo altri clienti. “Tu solo questa figlia?” “Sì solo questa”. “Devi fare altro”. Parliamo di figli e di scarpe. Normalmente. Gianfranco compra quello che ha scelto. Poi tra le proteste di Simone andiamo via.

Chissà quanto devo aspettare per contare come in UK su di una voce autoctona di altrove. Magari su di uno scrittore cino-napoletano. Forse poco. Mi piacerebbe leggere il libro di Simone e il racconto della sua infanzia nel negozio di scarpe. Ho appena finito Turismo di Nirpal Singh Dhaliwal. Da leggere. Divertente e intelligente. Lui è un vero scrittore inglese. Che sia anche indiano non intacca la sua britannicità. Il libro è pieno di sesso. Ma più Lawrence che Kama Sutra. O forse il Kama Sutra visto da Lawrence.

2 commenti:

luca ha detto...

complimenti bell'articolo!

first-life ha detto...

grazie luca. a presto.